Achille Funi / Brafa in the galleries 2021

BRAFA in the Galleries 2021 is the newly created alternative to the BRAFA fair at Tour & Taxis, which has been postponed to January 2022.

From Wednesday 27 – Sunday 31 January 2021 included, the exhibitors signed up for BRAFA 2021 will welcome you in their galleries, where they will present the objects and artworks they had selected for BRAFA 2021 in the best possible conditions. Some have chosen to group together to display their artworks.

In total, 126 art dealers spread across 13 countries and 37 cities look forward to sharing their passion for the beautiful, the rare, the precious and the historical in a warm, friendly atmosphere, in line with the rules in place in their area. Have a look through the list of participating galleries in order to discover those close to you. You can also download maps that enable you to find all the participating galleries in the town of your choice.

Finally, for all those who can’t visit the galleries in person, we have dedicated a page to each exhibitor on our website. Here you will find photos and descriptions of all the beautiful objects being presented, relevant practical information, and a video created for the occasion. New objects will be put online on Wednesday 27 January 2021!

Start the tour on Brafa website

Laocoon Gallery and W. Apolloni Gallery page: https://www.brafa.art/en/exhibitor-detail/589/w-apolloni-srl

Galleria W. Apolloni e Galleria del Laocoonte
Nuovo Spazio Antico/Contemporaneo, via Margutta 81, Roma.

Monday 16.00-19.00
Tuesday – Friday: 10.00-13.00 and 16.00-19.00
Saturday: 10.00-13.00

Visits by reservation only by calling 06 68308994 or via virtual tour

Patrick Alò, Mitologia Meccanica. BRAFA in the Galleries 2021

Cartelloni e Copertine

Cartelloni e Copertine

Artisti Illustratori in Italia per la Pubblicità e l’Editoria

A cura di Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli

 

Dopo l’esposizione nella Galleria Pio Fedi di Firenze la mostra verrà inaugurata nei locali della galleria

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Primavera 2015

Epifanie di Primavera

Se la primavera è rinascita della vita dopo l’apparenza di morte dell’inverno, nessuno tra i quadri qui esposti può annunciarla meglio della fortunosa salvazione dell’infanzia celebrata dal coloratissimo pennello di Armando Spadini.

Una festa di bellezza femminile, sulle rive di un Nilo trasfigurato in laziale fiume d’Arcadia, accoglie la nuova fortunata esistenza di Mosè, esso stesso seme e germoglio della primavera di un popolo nuovo. Ed è davvero incarnazione della primavera, sotto la cui pelle di petalo pare scorrere linfa anzichè sangue, la nuda giovane donna di Ferruccio Ferrazzi, giovane sempre, come solo una natura della divinità può esserlo.

Ci sarebbe piaciuto, per celebrare il momento stagionale con le nostre preferenze figurative, presentarvi ogni opera come un epifania primaverile, ma non è stato possibile: la magica Notte di San Giovanni di Corrado Cagli coincide con il solstizio d’estate, tra il 23 e il 24 giugno. La Natura Morta di De Pisis, con la sua zucca variopinta e i suoi terrosi funghi coincide incontrovertibilmente con l’autunno. I frammenti archeologici di Sironi, soprevvissuti alla rovina di un mondo da lui stesso creato in figura, inchiodano questo geniale archeologo della sua stessa arte perduta ad un unica data, oltre alla quale egli soprevvisse, quella del 25 luglio. Eppure tutto ciò che presentiamov appartiene ad una primavera artistica del nostro paese, allmeno così essa appare a noi, a guardarla dopo una tumultuosa estate, un autunno marcescente, ora, in quel che pare un nuovo inverno della nostra storia. Inverno di idee, di talenti, di belle figure. L’omaggio alla primavera passata ci sembra il miglior modo per auspicare una nuova fioritura.

La mostra sarà aperta a partire dal 22 aprile 2015, presso la Galleria del Laocoonte, Via Monterone 13.

Chiuso il lunedì.

Orario mar.-sab. 10-13, 15,30-19.

 

Catalogo in preparazione. A cura di Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli.

 

Galleria del Laocoonte: Via Monterone 13/13 A – 00186 Roma | Tel. 06 68308994 | laocoontegallery@libero.it

Invito-mostra-Primavera-2015

Pietro Gaudenzi

GLI AFFRESCHI PERDUTI DEL CASTELLO DEI CAVALIERI DI SAN GIOVANNI A RODI

di PIETRO GAUDENZI (Genova 1880 – Anticoli Corrado 1955)

 

Sono completamente perduti gli affreschi del Castello dei Cavalieri a Rodi realizzati da Pietro Gaudenzi. Il recente sopralluogo ha confermato come, dell’importante ciclo di affreschi realizzati dal maestro nell’estate del 1938, non vi è più nulla, se non le nude pareti al posto dell’opera capitale nella poetica di Gaudenzi.   Particolarmente significativa è, dunque, la mostra che la Galleria del Laocoonte presenta a Roma dal 1° di ottobre, composta dai cartoni preparatori degli affreschi, dai disegni, bozzetti ed una tavola ad olio, preliminari della monumentale opera perduta di Pietro Gaudenzi. Il nucleo, significativamente ricomposto dai curatori della mostra, Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli, è l’ultima testimonianza rimasta delle pitture murali che occupavano due ambienti, la Sala del pane e la Sala della famiglia, del monumentale Castello sede del Governatorato italiano del Dodecaneso dal 1912 al 1943. Pertanto, la rassegna dedicata agli affreschi di Gaudenzi a Rodi, vuole essere anche un risarcimento alla memoria dell’autore.

Le pitture originarie, documentate da foto d’epoca e da un cinegiornale Luce, si trovavano al secondo piano, in sale che oggi sono escluse dalla visita. Le pareti, attualmente, mostrano solo i nudi blocchi di arenaria di cui sono composte: le pitture sono scomparse senza speranza. Inoltre, la parete divisoria delle sale è stata abbattuta al fine di comporre un unico ambiente, mentre i mosaici del pavimento rimangono invisibili sotto una pedana di legno coperta di moquette.

Per la prima volta, si presentano pubblicamente i cartoni a pastello, straordinari per delicatezza di tocco, che servirono alla realizzazione dell’opera a fresco. Si tratta di scene di genere o figure ritratte dall’artista nello svolgimento di umili occupazioni quotidiane nelle strade e nelle campagne di Anticoli Corrado. Guardando la mola di Anticoli, la Semina, la Mietitura, le donne che portano il pane su vassoi o allineato su un’asse portata in equilibrio sul capo, la splendida donna con la pagnotta infiorata, o la giovane con un fascio di spighe, non si può non ricordare la retorica della “Battaglia del Grano” mussoliniana, ma le figure di Gaudenzi – che pure sul tema vincerà anche, con un suo trittico dipinto, echeggiante gli affreschi di Rodi, il premio Cremona nel 1940 – sembrano imperturbabili, nella fissità delle loro consuetudini millenarie ed immutabili, all’enfasi trionfalistica del momento. I due cicli costituiscono una delle opere estreme dell’arte del Ventennio, ma diversa per lirica astrazione da tanto brutale muralismo di propaganda.

La GALLERIA DEL LAOCOONTE presenta, così, una rassegna di considerevole valore artistico di un maestro ancora troppo misconosciuto del Novecento italiano, e promuove, al contempo, un’iniziativa che è anche testimonianza storica.

Il progetto nacque per il più ridente angolo del nostro effimero Impero coloniale, l’incantevole isola di Rodi, che fu sede del Governatorato italiano del Dodecaneso dal 1912 al 1943. Il fascismo aveva modernizzato Rodi eleggendola a vetrina turistica e paragone d’eccellenza architettonica e urbanistica, sotto il governatorato di Mario Lago (1923-1936), giolittiano di formazione, che fu capace di armonizzare la presenza italiana con le comunità greca, turca ed ebraica sefardita, le quali concorrevano alla delicata miscela culturale dell’Isola delle Rose – rodon è rosa in greco antico – che la Seconda Guerra Mondiale ha distrutto per sempre.

Nel 1936 però, volle farsi nominare Governatore di Rodi – e Mussolini fu ben lieto di assecondarlo per toglierselo dai piedi – Cesare Maria De Vecchi (Casal Monferrato 1884-Roma 1959), conte di Val Cismon per meriti militari, già Ras di Torino e Governatore della Somalia.

Retorico, autoritario ed intollerante, laddove il suo predecessore era stato, prudente, razionale e liberale, il nuovo governatore elesse sua maggiore impresa la ricostruzione del Castello dei Cavalieri di Rodi. Forse tempio greco, poi fortezza bizantina, il castello fu costruito dall’Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni che dovettero abbandonare l’isola ai Turchi nel 1522. Nel 1856 era stato distrutto dall’esplosione accidentale di una polveriera e adattato a carcere. Mario Lago avrebbe voluto restaurarlo per valorizzarlo come “superbo rudere”, De Vecchi invece volle ricostruirlo completamente, ottenendo un castello “nuovo”, quasi un fondale operistico o una scenografia cinematografica in cui ci si sorprende a toccare vera pietra e non cartone. L’ambiziosa opera, portata a termine in soli tre anni, costò 30 milioni di lire d’allora. Cinquecento tagliapietra e scalpellini furono fatti venire dalla Puglia, squadre di mosaicisti da Firenze e da Venezia per restaurare e mettere in opera nei pavimenti gli antichi mosaici trovati negli scavi archeologici di Coo. L’effetto è maestoso e straniante, gli inglesi che occuparono l’isola fino al ’47 lo descrissero come “a fascist Folly”, oggi è il monumento più visitato di tutta Rodi.

Ancora più atemporali sono i cartoni e le figure della sala della famiglia: una Visitazione e la grande Natività. Lo sposalizio, o meglio il banchetto di nozze è invece il soggetto di una grande tavola dipinta ad olio che però potremmo definire piccolo bozzetto, se pensiamo al precedente “Sposalizio”, di cui il nostro è un eco, che Gaudenzi presentò alla biennale di Venezia del 1932: era alto due metri e mezzo e lungo sette metri. Fu pagato 130mila lire e acquistato dal Senatore Borletti di Milano. Oggi non sappiamo che fine abbia fatto. Di quest’opera capitale nella poetica di Gaudenzi in galleria sarà mostrata su uno schermo la documentazione fotografica, in scatti d’epoca in bianco e nero. Tanto l’aveva cara che egli la replicherà, e non certo per pigrizia, in una delle pareti della Sala della famiglia a Rodi. Nozze di Cana senza miracolo, o pranzo nuziale di Maria e Giuseppe se avessero potuto permetterselo, Gaudenzi presenta la festa con la ieraticità di una storia sacra. Il fatto è che ci mette del suo: sposatosi nel 1909 con la bella modella anticolana Candida Toppi, ne farà, assieme ai quattro figli avuti da lei, il soggetto costante della sua pittura, allora tardo impressionistica. Due figli morirono piccoli e l’epidemia di spagnola portò via Candida. Si risposò con Augusta, sorella della moglie, venuta a Milano per badare ai nipoti orfani. Da lei ebbe Maria Candida e Jacopo. Non per maniera Gaudenzi è pittore della maternità e degli affetti familiari. Si ha la forte impressione che egli abbia trovato nella pittura e saputo trasmetterne la consapevolezza a chi la guarda ciò che è impossibile: che vi sia un luogo dove i vivi e i morti che si sono amati possano convivere senza stupore, ma officiando i gesti della vita di tutti i giorni.

Schivo, taciturno creatore di un mondo e di un umanità incantata in cui i modelli contadini, da lui ritratti dal vero nel paese di Anticoli Corrado, che egli elesse ad Arcadia personale, sono trasfigurati per grazia poetica, in modo che l’umano e il divino si confondano: così in Gaudenzi una Sacra Famiglia diventa una famiglia, una Visitazione una visita tra comari, uno Sposalizio un semplice banchetto di nozze, senza che il senso del sacro venga meno, ma senza che questo tradisca il senso del vero. E’ la bellezza dell’umiltà della leggenda cristiana, tante volte meravigliosamente vestita in pittura, che Gaudenzi ha saputo riportare come declinazione purista del Novecento italiano. Con semplicità e finezza sincere.

La mostra sarà aperta a partire dal 1 ottobre 2014, presso la Galleria del Laocoonte, Via Monterone 13.

 

Chiuso il lunedì. Orario: mar.-sab. 10-13, 15,30-19.

 

Catalogo in preparazione. A cura di Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli, schede di Tonino Coi.

 

Ufficio Stampa: Rosi Fontana Press & Public Relations,info@rosifontana.it

Galleria del Laocoonte

Via Monterone 13/13 A

00186 Roma

Tel. 06/68308994

www.laocoongallery.co.uk

laocoontegallery@libro.it

Orario: martedì – sabato 10:00 -13:00, 15:30 -19:30.

GaudenziMostra-gli-affreschi-nascosti-del-castello-dei-cavalieri-di-rodi

Libero Andreotti – Antologia di un grande scultore del ‘900

Libero Andreotti

Antologia di un grande scultore del ‘900

Dal 1 al 6 ottobre 20104 In occasione della Biennale Internazionale di Antiquariato di Roma presso Palzzo Venezia, stand E4  

La Galleria del Laocoonte presenta una eccezionale raccolta di diciassette opere dello scultore Libero Andreotti, tra i massimi del nostro ‘900. Tredici bronzi, dalla minuscola danzatrice del 1907 alla monumentale Giustizia del 1932, sono una ricca antologia del suo fare artistico, dall’erotismo di inizio secolo fino all’astratta ieraticità che tramuta la Giustizia in divinità arcaica destinata al nuovo Tribunale di Milano. Oltre ad un rilievo in cera e a due disegni di grande formato, vi è anche una rara scultura in marmo di Candoglia, “La Vigne” ovvero Baccante con Bacchino ubriaco, meditazione ispirata e leggera sulle sculture di Maillol e sul non-finito michelangiolesco.

 

Libero Andreotti (Pescia 1875 – Firenze 1933)

Di umili origini, illustratore autodidatta, sempre affamato, Andreotti scopre la scultura a Firenze nel 1904, a quassi trent’anni, mettendosi per caso a lavorare la creta. Già nel 1905 si trasferisce a Milano dove il gallerista Alberto de Grubicy vorrà l’esclusiva dei suoi lavori. Rescisso il contratto, lo scultore si trasferisce a Parigi, dove il famoso sarto Worth lo introduce nel bel mondo. Un periodo di grande successo che si interrompe quando dovrà lasciare la Francia per via della guerra del ’14. Rientrato a Firenze, mutato stile, si lega all’influente critico Ugo Ojetti, che vedrà in lui il continuatore dell’antica tradizione scultorea italiana. Titolare di cattedra nel 1920, sposa nel ’23 la sorella del pittore Aldo Carpi, aderendo agli ideali religiosi di quest’ultimo. E’ la stagione dei monumenti ai caduti e della vittoria al concorso per la Pietà di S.Croce che gli valse non poche critiche. Muore nel 1933 lasciando come ultima opera il gruppo di Affrico e Mensola.

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Disegni e Tempere dal Futurismo al Dopoguerra

Mario Sironi

Disegni e Tempere dal Futurismo al Dopoguerra

 

INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA e della GALLERIA DEL LAOCOONTE: un nuovo punto di incontro a Roma per gli amatori e cultori dell’arte del Novecento storico italiano e della tradizione figurativa e classica nell’arte moderna e contemporanea.

 

Con l’inaugurazione della mostra MARIO SIRONI Disegni e tempere dal Futurismo al Dopoguerra, la Galleria del Laocoonte vuol presentare il proprio esordio espositivo come punto di riferimento per gli amatori e cultori dell’arte del Novecento storico italiano e dell’irriducibile tradizione figurativa e classica nello sviluppo della nostra arte moderna fin nel presente.

Questa prima mostra dedicata al più potente e originale artista italiano attivo tra le due guerre è il frutto di una appassionata ricerca presso eredi, collezionisti e mercato, per offrire a Roma un’ampia e variegata scelta del giovane Sironi futurista, del metafisico paesaggista urbano dell’Italia dolorosamente entrata nella modernità con la Prima Guerra Mondiale, dell’illustratore fedele della controstoria fascista nelle caricature per il “Popolo d’Italia”, il giornale di Mussolini, in cui l’immaginario grottesco si tinge, letteralmente, di una dolorosa e drammatica tragicità.

Sironi fu infatti pittore, affrescatore, inventore di architetture e sculture durevoli ed effimere per le costruzioni monumentali e le trionfalistiche manifestazioni del Regime, ma anche anche un prodigioso illustratore: copertine di riviste e di libri, manifesti pubblicitari e propagandistici, sono presentati in questa mostra in fogli dove l’artista ha espresso con foga tumultuosa e palpitante materia di colore le prime idee di opere, poi riprodotte sulla carta stampata o per la pubblica affissione, che possono essere annoverate tra i capolavori dell’arte per le masse del Novecento.

Si notano una tricolore pubblicità per la prima 500 della Fiat, “La Vetturetta del Lavoro e del Risparmio”, del 1936. Sempre per la fiat, velivoli attraversano il cielo come notturne comete, piegando la mistica futurista della velocità e della macchina al servizio delle industrie aereonautiche nazionali.

Tra le illustrazioni per l’editoria si distinguono gli essenziali progetti di illustrazione per la rivista Gerarchia, e il suggestivo bozzetto per la copertina del libro di Mario Appelius, La Sfinge Nera, del 1924.

La mitologia del ventennio è rappresentata trasfigurata in travolgente fantasia visionaria nella prima idea per il manifesto della Mostra della Rivoluzione Fascista del 1932. Come anche in quello per il famoso, più che pregevole, film “Scipione l’Africano” del 1937-38, e in molti altri fogli dove, moschetti imbracciati e branditi, Italie turrite solide come muliebri sculture romaniche, aquile imperiali vive e minacciose, mostrano la forza evocativa senza pari di un artista capace, grazie alla sua arte geniale, di rendere più grande del vero e più eroico ciò che nelle foto d’epoca e nei cinegiornali d’allora mostra oggi la sua prosaica fragilità.

Vi è forse anche in Sironi una capacità profetica che va al di là, ai nostri occhi di posteri, delle stesse intenzioni del propagandista: il progetto per un’illustrazione della “Rivista Illustrata del Popolo d’Italia” del 1943, che in un drammatico monocromo bianco e nero stampa come un’indelebile istantanea “Il Mondo in fiamme e la Morte”, sembra un grido sull’insensatezza della storia in cui non si riesce a riconoscere la voce di una parte politica, ma un accento universale e sempre valido.

La mostra, che raduna ben 57 pezzi, tra disegni, tempere, acquarelli, e un olio su cartone, comprende schizzi di progetti architettonici e decorativi, per il palazzo dei Giornali di Milano, per il palazzo delle Poste di Bergamo, per il palazzo Littorio di Roma, ed altri che sembrano appartenere ad un’utopia architettonica solo immaginaria. Schizzi per dipinti realizzati e non, come il potente ed essenziale “Donna con albero”, ed ancora disegni fatti solo per l’amore e il dovere di disegnare come, per esempio, il primo commovente schizzo a penna biro, dedicato alla compagna Mimì appena dopo il risveglio di Sironi da un’operazione subita nel 1950.

Il Sironi del dopoguerra, anche dopo il crollo dei suoi ideali e del mondo che egli credeva di aver contribuito a costruire durevole, rimane un grande artista, come testimoniano i colorati geroglifici di quattro pannelli per il transatlantico “Conte Biancamano”, o uno straordinario schizzo per il manifesto della Medea di Euripide messa in scena nel teatro romano di Ostia Antica nel 1949.

Il catalogo della mostra, pubblicato da Polistampa di Firenze, è curato da Fabio Benzi al cui testo di esperta esegesi, posto come introduzione, sono interfoliate le inedite foto di un servizio che ritrae Mario Sironi nel suo studio, realizzato nei primi anni ’50 da Sanford H. Roth.

 

Mostra MARIO SIRONI Disegni e tempere dal Futurismo al Dopoguerra.

Dall’11 aprile al 7 luglio 2014.

Inaugurazione: giovedì 10 aprile, ore 17:00

Galleria del Laocoonte

Via Monterone 13/13 A

00186 Roma

Tel. 06/68308994

www.laocoongallery.co.uk

laocoontegallery@libro.it

Orario: martedì – sabato 10:00 -13:00, 15:00 -19:00.